Umberto Tirelli apre la sua Sartoria a Roma nel 1964: dai primi spettacoli teatrali, già per Luchino Visconti, l’attività cresce costantemente sviluppandosi su due filoni diversi e complementari. La direzione di Pier Luigi Pizzi costellata di costumi per il teatro di prosa e lirica connotata da invenzione e fantasia e quella di Piero Tosi, dedicata di preferenza al cinema, con una capacità di ricostruzione filologica straordinaria che lo porterà a realizzare i costumi per quasi tutti i film di Visconti. 

Visconti, Tosi, Franco Zeffirelli, Tirelli e altri con affinità culturali ed artistiche creano intorno alla Sartoria un vero e proprio circolo di amici e professionisti straordinari. Amici con cui condivideva le ricerche nei mercatini come nei guardaroba aristocratici, un lavoro da archeologo capace di ricostruire mondi e storie, tanto che molti dei suoi ‘pezzi da collezione’ arricchirono la prima mostra di moda di Diane Vreeland ‘Inventive Clothes- 1919/1939’ al Metropolitan Museum di New York nel 1977. Un’ identità unica che fa ancora della Sartoria un vero ambasciatore del made in Italy in tutto il mondo, grazie anche all’esperienza di comunicatore di Dino Trappetti che continua il lavoro di Tirelli, con la stessa filosofia: già socio dagli inizi della Sartoria ne prende la guida completamente alla scomparsa prematura di Umberto Tirelli, nel 1990. 

Un laboratorio di lavoro e di conoscenza dove l’artigianato é alto non solo per la tradizione manuale ma anche per la capacità colta di affiancare il costumista nella fase dell’ideazione: filologi e sarti, come lo era il suo fondatore, suggeriscono soluzioni che portano all’effetto finale del capolavoro, al richiamo con riferimenti artistici pittorici che determinano la differenza con altre realizzazioni. La Sartoria ha collaborato con molti costumisti premiati con l’Oscar tra gli altri Danilo Donati per Il Casanova di Federico Fellini, Milena Canonero per ‘Momenti di gloria’ e ‘Marie Antoinette’, Teodor Pistek per ‘Amadeus’, Franca Squarciapino per Cyrano de Bergerac, Gabriella Pescucci per ‘L’età dell’innocenza’. 

La passione da collezionista ha portato Umberto Tirelli a costruire un Archivio che conta oggi più di 15.000 capi autentici, dagli inizi del 1700 ad oggi, dando il via ad una valutazione diversa dell’abito non solo come manufatto artigianale ma come vera e propria opera. Ha collaborato con Musei sia facendo donazioni contribuendo generosamente a diffondere questa cultura, sia con la produzioni di mostre in tutto il mondo. Sono numerose le donazioni, fatte ai più prestigiosi musei del mondo, fra cui spicca quella dei circa 300 abiti che costituiscono il nucleo fondamentale della Galleria del Costume del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze. Una attività da ricercatore e sperimentatore che porta Tirelli negli anni settanta ad acquistare più di settemila stampi per tessuti e il brevetto per riprodurli di Maria Monaci Gallenga, stilista e designer, grande sperimentatrice che nei primi anni del 1900 dona al prodotto di moda valore e dignità autonome rispetto al prodotto artistico. Aveva già intuito l’importanza della ‘reinvenzione’ degli archivi storici anticipando il concetto contemporaneo di rielaborazione, non solo come fenomeno di moda, ma anche come sistema di valorizzazione del patrimonio. Lo stesso intento di valorizzare i pezzi più significativi tra quelli autentici e di produzione come vere e proprie opere d’arte, porta Dino Trappetti a dare vita alla Fondazione Tirelli Trappetti nel 1986.